Microfinzione, microracconto o miniracconto? Il caso di Continuità dei parchi

Published : 11/04/2021 20:40:51
Categories : Letteratura latinoamericana

In letteratura, con il termine microfinzione si definiscono i testi iperbrevi dal carattere generalmente ludico, ibrido, ironico, frammentario o fantastico.

Le origini della microfinzione sono oggetto di dibattito. Ad esempio c’è chi l’ha associata ai primi aforismi, favole ed epitaffi funebri della letteratura e della mitologia grecolatina. Altri ai racconti di tradizione orale di stampo favolistico del secolo VII. Altri ancora, più di recente, alle pratiche di scrittura nelle reti sociali.
Di certo si può dire che quando si parla di microfinzione è facile confondersi con altre forme letterarie in cui il fantastico e la brevità sono forti. Tuttavia, per darne una definizione, bisogna comprendere quali siano le caratteristiche peculiari che, nel corso degli anni, hanno contribuito alla sua formazione quale genere indipendente.
In tal senso possiamo per esempio richiamare le seguenti caratteristiche:

  • la natura ibrida del testo;
  • l’iperbrevità;
  • l’ellissi;
  • l’assenza o la brevità delle descrizioni;
  • l’implicito e il non detto;
  • l’intertestualità;
  • la metafora;
  • l’ironia;
  • il paradosso;
  • la presenza del fantastico;
  • il ricorso narrativo al frammento;
  • le epifanie;
  • il finale aperto e sorprendente;
  • la centralità del titolo.

Inoltre, elemento forse tra i più caratteristici della microfinzione, il forte legame tra autore e lettore, inteso come un patto, una complicità che, date le caratteristiche sopra elencate, attraversa la dimensione implicita della narrazione.
In linea di massima, se vogliamo individuare un periodo preciso in cui la microfinzione si fa genere letterario, possiamo riferirci al primo XX secolo, proprio durante gli anni delle avanguardie, per vederla poi raggiungere l’apice a partire dagli anni ’60, quando si guadagna un’etichetta di “genere postmoderno”.
Tra i principali autori che ne hanno segnato il punto di svolta, possiamo senza dubbio citare alcuni grandi protagonisti della letteratura ispano-americana come Jorge Luis Borges, Julio Cortázar e Augusto Monterroso: di fatto in molte delle loro opere sono state riconosciute le caratteristiche di questo genere letterario in cui la brevità, il rapporto realtà-finzione e la creazione di mondi possibili prendono il sopravvento grazie a efficaci tecniche di sperimentazione narrativa.

La proposta di sintesi di Zavala

Dinanzi alla molteplice tipologia di testi brevi che dall’epoca classica alla contemporanea ha rappresentato il mondo letterario del racconto iperbreve, spesso diventa difficile riuscire a distinguere le caratteristiche proprie di un testo “classico”, di uno “moderno” e di uno “postmoderno”, poiché le differenze tra le tre tipologie sono minime.
Lauro Zavala, in "Hacia una semiótica de la minificción", afferma che il modo per comprendere le piccole sfumature che differenziano più testi letterari simili tra loro, come nel nostro caso, è individuare tre elementi fondamentali contenuti in ogni genere testuale:

  • la definizione generica data dalle particolarità della struttura;
  • la classificazione di tutte le varianti di testi dalla simile struttura;
  • l’origine da cui provengono l’etica e l’estetica di un genere.

Dunque, in base agli elementi testuali che una trama possiede (come l’inizio, il narratore, il tempo, lo spazio, il linguaggio, i personaggi, il genere e il finale), Zavala stabilisce una distinzione tra il “miniracconto”, di epoca classica, il “microracconto”, di impronta moderna, e la “microfinzione” postmoderna, ossia tre tipi di testi brevi simili ma con particolari dettagli che nel corso degli anni li hanno differenziati, facendoceli collocare in epoche diverse (a questo proposito va tuttavia detto che in genere, al di là della tipizzazione di Zavala, “miniracconto”, “microracconto” e “microfinzione” vengono usati sinonimicamente).

Il miniracconto

Secondo la proposta di Zavala, appartengono al miniracconto classico tutti quei testi brevi dal carattere religioso, morale, spirituale e didattico di epoca antica che, come le favole e le parabole bibliche, hanno una natura seriale. Un miniracconto classico ha le stesse particolarità di un normale racconto classico, ma la sua differenza fondamentale è nella brevità della narrazione. In quest’ottica, i fattori centrali appartenenti alla narrativa classica e medievale che caratterizzano un miniracconto sono:

  • il narratore onnisciente e affidabile che racconta dall’inizio dei fatti;
  • il tempo sequenziale;
  • lo spazio collegato al personaggio;
  • il linguaggio letterale;
  • la morale veicolata dai personaggi;
  • il finale epifanico che, a volte, coincide con l’inizio della storia.

Il microracconto

Tipico dell’epoca moderna è invece, per Zavala, il microracconto. Questo termine denota testi di estrema brevità dal carattere poetico, narrativo, saggistico e ludico, come gli aforismi letterari, la lirica popolare, gli epitaffi, i vari tipi di poesie religiose e infantili, i giochi di parole, il poema in prosa. Le caratteristiche del microracconto riprendono quelle del racconto moderno e delle avanguardie:
l’esordio narrativo in medias res;
l’economia del testo;
il narratore ironico e poco affidabile;
il tempo ellittico;
la predominanza dell’implicito;
lo spazio metaforico;
il linguaggio poetico e ludico;
i personaggi allegorici e a volte “assenti”;
il finale aperto (che consegna al lettore il compito di capire cosa si nasconde nel testo per svelare gli intrecci della trama).

Tali elementi collocano il microracconto nel quadro di in un’etica dell’indeterminazione e della proliferazione delle possibili realtà.

La microfinzione

Prendendo infine in esame la microfinzione postmoderna, Zavala sostiene che qui i fattori narrativi propri dell’epoca classica e di quella moderna si mischiano. Di conseguenza, in un testo di microfinzione possono manifestarsi entrambe le tipologie di elementi sopra elencati:

  • il narratore può essere onnisciente e affidabile ma anche ironico e inaffidabile;
  • il tempo può essere sequenziale ma anche ellittico;
  • il linguaggio poetico ma anche ludico;
  • il finale epifanico ma anche aperto;

e così a seguire.
Tuttavia, secondo Zavala, la microfinzione postmoderna si distingue dal microracconto e dal miniracconto principalmente per le seguenti caratteristiche:

  • la presenza dell’ironia estesa fino al paradosso (che contribuisce a dare uno spirito ludico al testo e a creare un rapporto di complicità con il lettore);
  • un’intensa intertestualità (che può anche portare alla forte ibridazione di generi);
  • l’elemento frammentario testuale;
  • la mise en abyme;
  • il fantastico;
  • la serialità.

L’etica della microfinzione deriva allora dal gioco e dal paradosso, i quali uniti all’intertestualità, al forte carattere ibrido e al fantastico, contribuiscono a distinguerla totalmente dal miniracconto classico e dal microracconto moderno. Da qui l’importanza data all’elemento frammentario, che dona alla microfinzione quel linguaggio peculiare formato da parole accurate e scelte con attenzione dall’autore per rendere il lettore proprio complice nell’interpretazione della dimensione implicita dell’opera.

cortazar

Continuità dei parchi di Julio Cortázar

Tra le opere che Zavala designa come microfinzione postmoderna troviamo "Continuità dei parchi" di Julio Cortázar, racconto del 1955 incluso nella raccolta "Fine del gioco". Qui la trama si sviluppa nel giro di sole due pagine ed è formata da una struttura narrativa che potremmo dividere in tre parti.

  • Prima parte. Un narratore onnisciente, con il suo linguaggio letterario e poetico, introduce il lettore all’interno della vicenda, narrando in medias res la storia di un uomo di cui non conosciamo il nome. Di lui sappiamo però che, qualche giorno prima, aveva iniziato a leggere un romanzo. Quando lo incontriamo, l’uomo sta rientrando a casa in treno, e lì continua la lettura del suo libro. Poi, di sera, una volta rientrato a casa, scrive una lettera e discute con il suo maggiordomo. In seguito riapre il romanzo, e si rilassa leggendolo nel suo studio, circondato all’esterno dal bosco.
  • Seconda parte. Siamo dinanzi all’intreccio di due vicende, infatti la narrazione continua con l’uomo seduto in poltrona, le sigarette a portata di mano, mentre legge quel romanzo che tanto ama. Inizia a calare la sera, l’uomo guarda il bosco dalla finestra e, assorto nella sua lettura, diviene testimone dell’incontro di due personaggi allegorici appena entrati in scena: un uomo e una donna, due amanti, che si incontrano di nascosto in una capanna di montagna. L’uomo è stato ferito sul viso da un ramo, ha in mano un pugnale ed è venuto all’incontro con l’intento di organizzare l’omicidio del marito della donna. L’incontro viene descritto in modo dettagliato: i due decidono come procedere per realizzare ciò che avevano sempre voluto.
  • Terza parte. La vicenda degli amanti continua: i due hanno deciso di compiere l’omicidio e si separano, la donna corre verso il sentiero nord del bosco e l’uomo corre in direzione opposta, tra gli alberi, fino ad arrivare alla casa del marito di lei. Prima l’uomo e poi la donna entrano in casa, arrivano nel salone. L’uomo, con in mano un pugnale, è pronto a colpire. Dalle finestre entra la luce, e il racconto si conclude con l’immagine della testa dell’uomo in poltrona che legge il romanzo.

In base a quanto detto sopra con Zavala, Continuità dei parchi contiene un misto di elementi narrativi appartenenti al miniracconto classico e al microracconto moderno, il cui intreccio contribuisce a fornire una prima lettura in chiave di microfinzione.
Fin dal titolo compare il tema della serialità proprio del miniracconto classico. L’elemento della continuità è qui racchiuso nel parco:

  • l’uomo che legge guarda dalla finestra il bosco;
  • i due amanti si incontrano in una capanna;
  • l’uomo è ferito al viso da un ramo;
  • i riferimenti a sentieri e boschi sono frequenti.

cortazar

Vi è poi la ripetizione dello spazio, ossia la casa dell’uomo che legge e quella dell’omicidio, che apparentemente sembra essere la stessa: ecco che qui possiamo trovare un elemento che ci collega allo spazio metaforico del racconto moderno.
Il narratore, da parte sua, è onnisciente (come nel miniracconto), ma anche poco affidabile (come nel microracconto), poiché non dà al lettore indizi sufficienti per svelare l’enigma finale.
La narrazione, come nel microracconto, inizia in medias res: fin dalla prima riga del racconto il lettore sa che c’è un uomo che aveva iniziato tempo prima la lettura di un romanzo. Come nel microracconto, si individuano inoltre dei personaggi allegorici (i due amanti), e il protagonista non ha uno sviluppo. Allo stesso modo, viene utilizzato un linguaggio poetico, intriso di allegorie e metafore in cui sono racchiusi gli indizi che porteranno il lettore a scoprire il non detto. Il tempo, infine, è ellittico.
D’altro canto la struttura è circolare, con la parte iniziale e finale che coincidono: abbiamo un uomo che legge un romanzo sia all’inizio che alla fine, proprio secondo le caratteristiche del racconto classico. Il finale è però aperto e pieno di interrogativi per il lettore, dato che non sappiamo se l’uomo che legge sia stato ucciso o no dai due amanti, come nel modello del racconto moderno.
Oltre all’intreccio appena individuato di fattori classici e moderni, in Continuità dei parchi sono incluse molte delle peculiari caratteristiche della microfinzione postmoderna definite da Zavala.
In questo senso, il primo elemento da citare è la forte carica intertestuale, che trasforma il testo in un ibrido di generi letterari grazie alla presenza di un intreccio narrativo poliziesco (l’omicidio) e di uno da romanzo rosa (la storia dei due amanti).
Il secondo elemento è la mise en abyme, “il racconto nel racconto”, l’intreccio di più storie che portano alla giustapposizione di piani narrativi. Il lettore di Continuità dei parchi si trova infatti davanti a due vicende che si mischiano tra loro, senza che sia possibile distinguere l’elemento reale da quello fantastico, da cui il paradosso e l’incertezza del finale aperto. Infatti, non sappiamo di chi è la testa con cui si conclude il racconto: quella del protagonista che legge o quella del marito della donna? Né sappiamo se l’intera storia sia frutto immaginazione del protagonista, forse così tanto assorto nella lettura del suo romanzo da trasferire nella realtà quanto accade nella finzione.
Ed ecco che, proprio grazie all’incertezza, si crea quel paradosso testuale che rende il lettore complice dell’autore. Egli dovrà infatti comprendere da solo l’elemento implicito nascosto nell’opera, seguendo i pochi indizi lasciati dall’autore che lo invitano a immaginare un suo finale, a creare un suo possibile mondo.

Carmela Piccirilli

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