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Borges e la traduzione. L'irriverenza della periferia

978-88-96583-61-6

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Borges e la traduzione. L'irriverenza della periferia

Sergio Waisman

traduzione di Alessio Mirarchi

284 pagine, isbn 978-88-96583-61-6

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13,00 € tasse incl.

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Cosa vuol dire tradurre dai margini, dalle periferie del mondo? La fedeltà all’originale è un imperativo del traduttore? Oppure questi, nella sua opera di traslazione di contesti, significati e tradizioni nazionali, può fare affidamento sull’irriverenza delle «infedeltà creative»? È da preferirsi la metafrasi o la perifrasi? Sono questi alcuni degli interrogativi, di per sé già classici nelle teorie traduttive, cui Sergio Waisman cerca di rispondere attraverso un’analisi avvincente del ruolo che la traduzione occupa nell’agone letterario. Ne viene fuori il tratteggio di un panorama in costante fermento in cui, come impariamo dall’opera di Borges, tutto, anche la pedissequa ripetizione à la Menard delle stesse parole del Chisciotte, è nuova creazione, dislocamento, riarticolazione, imperativo di un’irriverenza periferica che riformula l’originale a partire da altre tradizioni, generando dunque significati nuovi. È quindi un vettore di resistenza, la traduzione infedele dai margini, siano questi sulle sponde del Río de la Plata o altrove. Seguendo Borges, suggerisce Waisman, tradurre vuol dire allora scrivere, giammai tradire.

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