Poesia colombiana contemporanea

Published : 19/06/2018 12:32:59
Categories : Letteratura latinoamericana

Un paio di anni fa Consuelo Gaitán, ex direttrice dell’Ufficio del libro del Ministero della Cultura colombiano, salutava la nascita di una piccola casa editrice di Medellín che a suo giudizio avrebbe dato la possibilità alla poesia colombiana di trovare nuovi spazi e nuove forme per presentare la sua produzione nel Paese.

Da qui nascono esperienze di poeti ed editori che scendono in strada per leggere poesie ai passanti per poi vendere i propri libri, registrando video sulle reazioni degli astanti. Si tratta di una poesia che, come spiegano i fondatori della rivista digitale Otro paramo, “è una poesia più vicina al parlato quotidiano, che esplora i problemi del mondo contemporaneo: la migrazione, la povertà, il genere, il capitalismo, ma anche il dolore della perdita, la sessualità, il passare del tempo. Ma soprattutto, questa poesia non solo parla di questi temi attuali, parla un linguaggio comprensibile”. Pensiero che si ripete nel discorso di Santiago Rodas e Lina Parra, editori di Atarraya che senza peli sulla lingua affermano: “Percepiamo che c’è una ripetizione generica e generazionale, una stanchezza. È una poesia poco leggibile, piena di simboli, oscura, figlia di questa tradizione di [Alejandra] Pizarnik; a noi piace qualcosa di più semplice, non così denso e complicato”. Ammette Santiago che elabora una poesia semplice e quotidiana influenzata particolarmente dal rock.

Importante è anche l’esperienza di Cardumen, casa editrice di Bogotà, dove si punta all’esperienza di una poesia visuale che ha trovato il suo apice nel libro “El lado salvaje” (2016) in cui la poesia di Gloria Susana Esquivel è accompagnata dalle illustrazioni di Catalina Jaramillo, dando vita a un libro che potenzia l’immagine e il carattere intimista e femminile del suo contenuto. “È un libro pensato per essere bello, dalle parole fino alla carta”, spiega l’editrice Alejandra Algorta. Sulla stessa linea, è degna di nota anche l’esperienza sempre di Atarraya che ha dato vita a un libro dove il testo poetico è accompagnato dai disegni del fumettista JimPluk: “La collaborazione con JimPluk ha dato al libro un’altra forza; alla presentazione c’era molta gente che veniva per il suo lavoro e in questo modo si è creato un avvicinamento alla poesia. Inoltre, mentre il poeta leggeva, il caricaturista disegnava creando una fruizione nuova del testo poetico. Con questo approccio visivo, le case editrici hanno notato che il pubblico giovane inizia ad avere voglia di leggere poesia accompagnata da illustrazioni, proprio perché la poesia parla di qualcosa di più vicino, allontanandoli dall’idea del libro di poesia incartapecorito.

Fondamentali per sostenere questo nuovo movimento della poesia colombiana sono la nascita di riviste di poesia come “Otro paramo” e “La raiz invertida” che hanno dato uno spazio fondamentale alla poesia giovanile con spazi non solo dedicati ai poeti locali, ma anche ad autori latinoamericani e di altri paesi.

Da sottolineare anche il lavoro dei collettivi come quello de “La sociedad perdida” presente in diverse città della Colombia e che punta al riscatto della memoria di poeti colombiani come Gonzalo Arango o Raúl Gómez Jattin. Una volta finita la ricerca creano un manifesto e presentano e distribuiscono il loro lavoro attraverso fanzine e letture nelle strade.

Anche i luoghi e le forme di presentare il lavoro poetico sono diversi, dai bar ai concerti rock, rompendo lo schema della lettura di poesia con i poeti posizionati sul piedistallo, che invece vanno a mischiarsi fra i musicisti. Un ritorno alla poesia come motivo d’incontro.

Forse l’elemento più tradizionale usato da questo nuovo modo di presentare la poesia sono le fiere del libro, ma viste come l’occasione per interagire con il pubblico in modo diretto e mettersi in discussione, come cartina tornasole del lavoro intrapreso.

Il lavoro degli editori da spazio a quello che stanno scrivendo le nuove generazioni, mettendo in risalto il raccontare la città e la sua quotidianità in una forma differente, con l’intento di forzare luoghi comuni e rompere con la tradizione nella ricerca di una forma trasgressiva.

Uno degli elementi nuovi di questo far poesia è anche la relazione tra gli stessi poeti che si fonda sul rispetto mutuo, la comprensione e l’amicizia abbandonando la “tradizione” delle vecchie generazioni dove le relazioni tra i poeti si basavano sull’invidia, l’ego e lo scontro.

Quindi un panorama della giovane poesia e della giovane editoria che rompe gli schemi sia a livello testuale che a livello di spazi e forme, di dove e come presentare il testo poetico, che fa ben sperare nella crescita di una nuova poesia colombiana.

 

(Parte di questo testo fa riferimento all’articolo pubblicato da Carolina Romero per la rivista Cartel Urbano, i consigli della giornalista e critica letteraria venezuelana Dulce María Ramos, le poesie che vengono presentate sono state scelte con l’aiuto della poetessa colombiana  Michelle Rincón.)

  

Non c’è nascondiglio

di Juan Afanador

 

Ogni tanto,

con una lunga intermittenza,

passa una macchina da questa vecchia strada.

 

Io guardo le luci del semaforo

che brillano solitarie

tra il freddo e il silenzio

e non capisco la sua persistenza.

 

So che il loro gesto è inutile e assurdo

che fanno segnali per nessuno

al cambiare colore

come animali insopportabilmente testardi

che cercano di camuffarsi e non trovano

il colore preciso della notte

che cercano un nascondiglio e non lo trovano

e continuano.

 

Io cerco di avvisarli da casa

affinché si fermino

per fargli sapere che nulla è tanto importante

 

quando vedo il mio riflesso sulla finestra

e mi viene in mente che forse

è così assurda la vita:

facciamo segnali per nessuno

cerchiamo un nascondiglio, senza nasconderci

e nessuno ci avverte

da una finestra.

 juan afanador

 

Quei giorni 

di Santiago Rodas

 

Erano quei giorni

In cui andavamo con

i miei amici alla piazzetta del municipio di Envigado,

ci sedevamo

e aspettavamo che

s’incontrassero

i punkettari e i metallari

e dopo

s’incendiassero a pugni nudi

per dimostrare quale

era il genere

che aveva il diritto

di suonare in città.

 

Si lanciavano anche domande

da entrambe le fazioni:

Come si chiama il primo vocalista degli Iron Maiden?

Anno della morte di Cliff Burton?

Qual è la marca della chitarra che appare nella

copertina di London Calling?

I punkettari sono delle apparizioni.

La questione è che i mettallari sono dei venduti al capitale,

si urlavano.

 

E noi, da spettatori, godevamo di questa

pirotecnia

fino a quando arrivava la Polizia che

li metteva in fuga

e faceva fuggire anche noi

con l’uniforme azzurra del Liceo Francisco Restrepo

Molina:

presenza della chiesa nell’educazione.

 

I venerdì

erano sacri per me 

perché arrivava l’appuntamento

tra metallari e punkettari.

 

E noi con una Pony malta in mano,

li guardavamo attenti ai loro gesti, i loro

movimenti, le loro parole

per così definire

il nostro futuro,

il nostro non futuro,

il nostro prossimo venerdì.

rodas

 

Viaggiatrice d’acqua  

di Jorge Valbuena

 

                                                    A Tamia

 

Una ragazza passeggia nella piazza centrale

l’ho vista attraversare la fontana

domandando alla gente che la circonda

se è vero che dentro ci sono pesci…

(non ci sono pesci, è sicuro, e non ho il più piccolo dubbio)

ma le voglio parlare

così prima che qualcuno le dica la verità

ne prendo uno e le dico che sono trasparenti.

 

La donna che passeggia nella piazza centrale

non è tornata,

bisogna vederla girare con le sue belle gambe di quarzo

questi vicoli perduti.

Qualcuno un giorno ha parlato dell’acquario

dove conserva il pesce che le ho dato,

non può smettere di guardarlo

di abitarlo,

di berlo,

di sussurrargli canzoni di pioggia.

 

Mi sono dimenticato di dirle che con il tempo

loro imparano a volare.

 

Non farò caso alla sua assenza

intorno alla fontana mi siederò ad aspettare

conserverò con diffidenza questi pesci che galleggiano

nell’oceano segreto dove lei mi respira.

jorge balbuena

 

Ci siamo attardati nel costruirci

di Alejandra Lerma

 

Ci siamo attardati nel costruirci

i crolli, invece, sono istantanei

 

Secoli su eternità perché esistano le città

anni di resistenza per dare forma all’amore

e solo ci vuole un piccolo secondo

meno

un millesimo

e tutto sarà finito

 

Non serviranno preghiere

né profondi pianti

la speranza è un vestito logoro

 

Resteremo uguali come al principio

nudi

sanguinanti

privati di tutto

credendo che il vuoto è il carico più pesante da portare.

alejandra lerma 

Lettera per Arturo B. Deveriux  

di Ela Cuavas                              

             

                                  Per John Carrillo

 

Non dare più giri alla ruota,

abbiamo passato molto tempo

a vagare per il bosco.

 

Non nominare è stata la nostra essenza;

la metafora è più ingannevole del sogno.

 

Siamo stati sangue, siamo stati spada.

 

Abbiamo distrutto tutto.

 

Adesso ci tocca riunire le ossa.

 ela cuavas

 

Fino alla fine 

di John J. Junieles

 

La vita è una donna con le sue due mani per fare quello che è necessario.

Una forte aria familiare mi unisce a questa modista che sta

da trent’anni davanti a una Singer, che ascolta telenovelas alla radio,

e che ancora conserva in un armadio i tre ombelichi dei suoi figli.

 

Di quale legno è fatta questa canoa che percorre mezzo fiume senza

lamenti, e pensa che tutto il male porta il bene legato alla coda?

Quante morti mi mancano per assomigliarle?,

per dire come dice lei: “Se vivi come se avessi fede,

la fede ti sarà data”.

 

Anni prima che io nascessi la madre ha appeso una stampa che

ancora sopravvive: due bimbi raccolgono fiori sul bordo di un precipizio

e un Angelo Custode scongiura il pericolo con la sua presenza.

 

Dimmi madre con i tuoi occhi il segreto,

dimmi come si arriva felice fino alla fine, nonostante gli abissi,

dimmelo a me, che sono l’unica piuma sporca delle tue ali.

John Junieles 

Periferia

di Ricardo Infante

 

Al bordo della follia tutto è così tranquillo

La solitudine sembra di seconda mano;

camice in disuso,

scarpe rotte nella pianta del piede,

un’infanzia fotografata a seppia povera

Il mondo che non hai inventato funziona alla perfezione;

Piogge corrosive che inondano città caotiche,

ministeri del crimine,

pentole del micro spaccio,

case del lenocinio,

residenze familiari,

estati che seccano amori vuoti

come bottiglie asciutte e rotte

e spaccano pietre dove si riscaldano le lucertole, i rospi.

 

I semafori cambiano a tempo debito;

gli accidenti sorridono all’ordine del sole,

ai passanti li investe la menzogna,

l’odio, la falsità dei loro governanti.

 

I titoli dei giornali sono così precisi nel descrivere

la realtà reinventata, rinnovata, al limite della follia,

che sembrano scritti da un poeta di successo

ed è lì dove il bordo deborda

perché non c’è poeta di successo,

tutti i poeti hanno fallito,

rinnegato da tale inganno

e lo sanno e lo sappiamo

e la loro follia è sostenuta con dignità.

la bellezza meno sporca

giace nel fallimento di una poesia e del suo poeta,

nello stupore che pochi trovano

nel più semplice dei loro versi

come la roba usata

e la solitudine usata

consunta per il logorio dei giorni belli

dei giorni perfetti

dei giorni che non esistono

o si dimenticano senza materia di difesa.

 

Al bordo della follia vorrei incontrare il pulsante

Che opprimendo

distrugga tutto,

Però al suo posto

c’è il tuo viso

affacciato davanti a uno specchio…

Il tuo volto umano e animale.

Quello di cui vuoi dimenticarti

o lasciarlo abbandonato alla mercé

di qualsiasi brezza passeggera che lo rinfresca.

ricardo infante 

 

 

 Antonio Nazzaro

 

 

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