La Santa Muerte

Published : 16/02/2018 12:31:59
Categories : Attualità

Nelle Americhe c’è una santa non presente sul calendario, ma con un esercito di milioni di devoti. Soprannominata Niña blanca o bonita (Bambina bianca o carina), è una santa popolare affascinante e controversa.

Santa Muerte

La Santa Muerte e le sue origini

Il 31 ottobre di ogni anno, dal 2001, si festeggia il compleanno della famosa Santa Muerte di Tepito, la prima che è stata esposta in pubblico e che ha avviato la diffusione massiccia del culto in Messico, negli USA e anche in Europa e Asia. Ed è sempre un momento di bilanci e di revisione. In Messico le tesi dedicate a questa devozione invadono i dipartimenti di antropologia, storia e sociologia.

Sopravvissute alle persecuzioni dell’Inquisizione, che aveva proibito nella Nuova Spagna (gli attuali Messico e Centroamerica), le immagini e figure di legno della Parca con la Falce sono state nascoste da famiglie umili e indios durante l’epoca coloniale (1521-1810) e oltre. Alcune antiche raffigurazioni della Muerte, che la Chiesa aveva portato dall’Europa per evangelizzare gli indigeni e realizzare le processioni del Venerdì Santo, iniziarono ad essere utilizzate dai locali per realizzare rituali “pagani” non tollerati dalle istituzioni ecclesiastiche e arrivarono indenni al Ventesimo secolo, custodite gelosamente da alcune famiglie o conservate in qualche museo di provincia. Ancora negli anni ‘60 del Novecento il culto era riservato a nuclei familiari e a zone rurali, urbane marginali e popolari, ed era tramandato di generazione in generazione, quasi di nascosto. Negli anni ‘90 questo culto si diffuse a tal punto che nacque il mito della Narco Santa e della Madonna dei Criminali, come se questo culto così complesso e antico si potesse considerare una semplice superstizione di loschi individui.Ricercatori e giornalisti di tutto il mondo iniziarono ad analizzare il fenomeno in modo più rigoroso, arrivando ai primi anni Duemila, quando si è scatenata una serie di effetti a catena di cui ancora oggi non possiamo comprendere le conseguenze e le evoluzioni.

L’intronizzazione della Morte santificata come icona popolare messicana è avvenuta dapprima di soppiatto, nelle dimore del Messico dimenticato e marginale, ma poi la Flaca è uscita dalla clandestinità. È diventata virale, nazionale, mondiale, anzi globale, e ancora mistica, mediatica, odiata e amata, social e poco socievole, plastificata e venduta, divinizzata, innalzata e temuta allo stesso tempo.

Tutto questo successe con una rapidità impressionante dopo che donna Enriqueta Romero ebbe cominciato a esporre poco fuori da casa sua, nel famigerato quartiere di Tepito, la sua statua della Santa scarnificata, ben vestita e colorata, coi capelli trapiantati, marroni e foltissimi: un gesto obbligato, visto che davvero non c’era spazio nelle anguste stanze del suo appartamento, e anche rivoluzionario, dato che cambiò la storia del culto a questa effigie che chiamano Bonita, carina. L’altare della via Alfarería al 12, indirizzo della donna, non era più privato, ma pubblico. Ogni mese la gente iniziò a riunirsi per recitare un rosario, adattazione ad hoc di quello cattolico, e l’altare di Alfarería, sempre più visitato da fedeli, mezzi di comunicazione, accademici, turisti, curiosi, abitanti della zona e dell’intera regione intorno alla capitale, si costruì una fama mondiale.

È stato durante una manciata di settimane, dopo secoli di segretezza e semiclandestinità, che la devozione ha registrato un primo boom, una crescita straordinaria, turbolenta e “milionaria”. Non tanto perché ci siano milioni di dollari intorno a lei, ma perché pare siano milioni oggi gli accoliti che le affidano le loro sorti, i loro desideri e le loro speranze. Tepito, Morelos, la Merced, passando per Candelaria de los Patos, sono i nomi di fermate della metropolitana di Città del Messico, molto note per gli enormi mercati all’aperto e al chiuso che ci si insediano tutti i giorni senza soluzione di continuità ed anche per la pericolosità, reale o percepita che sia. Camminare da una fermata all’altra, e infine tornare al punto di partenza, significa percorrere i lati di una figura geometrica, per l’appunto un triangolo, il Triangolo d’Oro della Santa Muerte. Di certo non è indicato come tale sulle guide turistiche, ma esiste e lo possiamo considerare come l’accesso a una dimensione parallela della città, sicuramente la più caotica. Occhi e mani intente al commercio, puzzolenti animali in gabbia, masse di formichine brulicanti, manichini onnipresenti ed effigi sante veneratissime spiano il camminante tra i corridoi del celebre e rumoroso mercato di Sonora, la calle de Bravo, la Iglesia de la Soledad, con la sua antistante piazza della disperazione umana, e poi nella stradona Ferrocarril de Cintura, in calle Alarcón e nelle umili stradine intorno ad Alfarería. Tutti quartieri definiti “selvaggi”, ghetti costellati di vetrine e bancarelle dove la Santa Muerte, Hermana Blanca, è considerata nel novero delle Belle.

 Aree urbane densissime, misteriose, evitabili e remote per la maggior parte dei chilangos, cioè degli abitanti della capitale messicana, e ancor più per i forestieri. “Non andare laggiù”, raccomandano, come se stessero descrivendo l’ingresso agli inferi, il regno delle divinità mesoamericane Mictlantecuhtli y Mictecíhuatl che sono state rilevate dalla loro discendente ossuta, bianca e dotata di falce e saio francescano.

Santisima Muerte

La Santa Muerte e il suo culto

Il Messico e Tepito hanno le vocali nello stesso ordine, suonano e vibrano allo stesso modo, anche se alla fine pochi sono coloro che si sintonizzano correttamente sulle loro frequenze. La gente di fuori considera Tepito, detto colloquialmente Tepis, come un enclave di rarità, scarti e pericoli. Distinguono il Messico buono da quello cattivo. Invece le sillabe del nome di un quartiere e quelle di un intero Paese, che viaggiano allo stesso ritmo, sono emblemi di quanto hanno in comune: gli ingredienti e i contrasti di radici e tradizioni popolari represse o dimenticate si confondono con la modernità e la postmodernità neoliberali, il passato artigiano lotta e scende a patti con la globalizzazione, l’allegria nella danza e nella preparazione dei piatti più tipici si concilia suo malgrado con la precarietà intesa come stile di vita  e di morte. Ci si sente sulla frontiera e nell’entroterra nel contempo. 

Alfonso Hernández, massimo esperto del culto alla Santa Muerte e guida spirituale di chi s’avventura per questi lidi. Cercando il cammino tra altari di strada, il doppio senso o albur è una marcia avanti e indietro, sopra e sotto, nei due versi che il destino può prendere da queste parti in un batter d’occhio. Se lo capisci, l’albur ti conduce, altrimenti ti confonde. C’è una morte addomesticata, dicono i santamuertistas o devoti della Santa Muerte, che si festeggia i primi di novembre: ottima attrazione turistica e tradizione culturale rivendicata de schiere di connazionali, grandi e piccini. Invece, dal canto suo, la Santissima Muerte, che la Chiesa cerca di sconfiggere con esorcismi e conferenze stampa, lavora tutto l’anno e non si lascia cooptare dalle istituzioni. La Santa Muerte, più che semplici favori e miracoli, fa amarres, che possono farti riavere la persona amata o, perché no, anche un’altra, e anzitutto paros, protezioni speciali che paran, cioè fermano, la mala sorte, i malocchi e le incertezze della vita. Guardiane di altari e matriarche si prendono cura amorevolmente della Santa Muerte, mentre uomini, padri e patriarchi in genere cercano di sfruttare la sua popolarità e ottenere potere. Gli altari che durano nel tempo e che mantengono vivo l’interesse della gente sono, in effetti, curati principalmente da donne.

Sui marciapiedi dell’arteria stradale Eje 1 Norte Albañiles, “As se 1 Nord Muratori”, che corre da ponente a levante, hanno messo un vestitino rosso porpora alla statua della Santa e ai suoi piedi un pacchetto di sigarette e una mela gialla. All’angolo con Eje 1 Oriente Avenida del Trabajo, “Asse 1 Orienete Viale del Lavoro, c’è un altarino protetto da una vetrina e la Santa cambia indumenti ogni mese. Nella via Peralvillo le hanno lasciato delle caramelle e un biglietto da un dollaro e le hanno scelto un abito da sposa che la fa scintillare. Su via General Anaya, incastonata in un cubo di cemento rosa, la Niña Bonita è patriota e indossa una camicia tricolore: il rosso, il bianco e il verde della bandiera messicana. Fiori e corone le circondano la testa. Tra le vie Alhóndiga e Jesús María la statua della Parca è piena di regalini e fissa le persone dall’alto di un tavolone. Dinanzi a lei si staglia un acerrimo rivale, la scultura del cattolico San Giuda Taddeo che nessuno fotografa. Qui non si fanno rituali, ci sono solo doni ed offerte, promesse e inchini, mentre nell’esoterico mercato coperto di Sonora si pratica ogni tipo di purificazione o stregoneria. E la si può trovare in mille varianti: con la panciona, incinta, o in versione “transgender”, trasfigurata nell’immagine della santa orisha della santería cubana Yemayá oppure del tipo “sette colori, sette potenze”, seduta sul trono o in piedi, col suo fedele gufo al seguito o a cavallo.

Sbucando fuori dalla fermata della metro Candelaria, dalla strada San Ciprián a Circunvalación, passando per Corregidora, appare per terra un fagotto lanoso sporchissimo, grigio e immobile tra le macerie e la monnezza depositata lungo il ciglio del marciapiede. Di fronte orde di niños e niñas sudano sotto il sole, in una piattaforma cementificata con scivoli e castelli collocata a pochi metri da una Avenida a otto corsie in cui gareggiano decine di autobus e motociclisti. Avvicinandosi, si notano schizzi d’un liquido a chiazze di fianco al fagotto, è rosso e secco, scurito da sfumature di nere polveri e asfalto in scioglimento per il caldo. Il sangue pare sgorgare dal catrame. Non è un corpo umano, ma il cadavere di una pecora. Anzi no, è più piccolo, sicuramente è un agnello sacrificale. Non ha la testa, l’hanno decapitato e abbandonato sul selciato. Propiziatorio?

Lo sguardo c’inciampa sopra per un istante e poi ritrova immediatamente il cammino smarrito, guidato dagli stregoni dei mercati. Senza esplorare la storia e le mosse di questi borghi sotterranei della capitale, nell’epicentro del Triangolo d’Oro, sarebbe difficile spiegarsi l’essenza, le controversie, le dinamiche originarie e attuali della devozione alla Santa Muerte. I primi tre spazi devozionali della storia contemporanea del culto sono sorti in questa zona, a poche centinaia di metri l’uno dall’altro. Dapprima nacque pubblicamente l’altare di donna Queta in Alfarería 12. Dopo, nel giro di pochi mesi, risultarono molto visitati sia l’oratorio di Santa (Muerte) Esperanza della signora (o doña) Blanca, in via Alarcón 38, all’angolo con Ferrocarril de Cintura, e il primo Santuario Nazionale della Santa Muerte della ISCAT Mex USA (cioè la Iglesia Santa Católica Apostólica Tradicional México EU, fondata da Padre David Romo).

Questa associazione religiosa, che per due anni, tra il 2003 e il 2005, ha persino avuto il riconoscimento ufficiale del Ministero degli Interni, era la creatura di un personaggio alquanto controverso che aspirava a istituzionalizzare il culto, a trasformarlo in una religione, e che quindi si dedicava a ordinare diaconi, benedire e riprodurre altari e chiese simili alla sua e a formare reti di associati. Il suo tentativo di fondare una vera e propria Chiesa della Santa Muerte è fallito. Romo è stato imprigionato nel 2011, condannato a sessantasei anni di carcere per gravi reati, ma il suo santuario resta aperto, vi si celebrano messe ed è gestito dalla sua famiglia e da altri diaconi della ISCAT Mex USA. Negli anni d’oro la sua presenza mediatica, spinta da iniziative e dichiarazioni provocatorie, continue e sensazionaliste, offuscò la natura spontanea, popolare e orizzontale della fede per la Santa. Inoltre i mass media cercavano un leader e Romo voleva esserlo, per cui la sua figura era funzionale a identificare milioni di cultori con una sola persona dagli affari poco chiari. La stigmatizzazione dunque continuò e l’opinione pubblica fu convinta di avere a che fare con una manifestazione religiosa demoniaca, pericolosa e delinquenziale anche se così non era. 

La Santa Muerte

Santa Muerte oggi

Mediante innovazioni e imitazioni, rivalità e sincretismi, influenze mediatiche e passaparola, in certe zone della città e dell’intero Paese è cresciuto e si è rafforzato il culto alla Santissima Muerte, secondo logiche di concorrenza, di sincretismo e di cooperazione compenetrate, tra altari e quartieri dotati di identità precise. Gli scopi, le proposte rituali e le storie di vita di questi fondatori, cerimonieri e guardiani di statue e santuari erano senza dubbio diversi, ma provenivano da un intorno comune sotto molti punti di vista e hanno lasciato una traccia per imitatori e seguaci.

Lo spazio di Alfarería 12 a Tepito è ancora oggi il più popolare e frequentato del Messico (e del mondo). Il negozietto oratoria di Alarcón 38, dopo una breve e fallimentare relazione con la ISCAT di Romo, ha ripreso la sua strada in autonomia e ogni prima domenica del mese vi si recita un rosario cui partecipano una ventina di persone. L’atmosfera è gradevole e il testo delle preghiere è praticamente identico a quello di Tepito. Il santuario della chiesa di Romo, la ISCAT, è gestito ora da Padre Juan Carlos, il quale celebra ogni giorno ben quattro messe, con una struttura basata sulla tradizione cattolica, anche se i suoi sermoni si concentrano molto di più sui problemi economici della sua associazione che sulle lodi alla Niña Blanca. I modelli rituali e le innovazioni devozionali che hanno segnato la storia della Santa nel Triangolo d’Oro, sono ancora quelle delle origini. I rosari pubblici per la strada, diretti da un cerimoniere col megafono, sono modelli più partecipativi e orizzontali. Le messe in stile cattolico, officiate da un Padre di una vera o presunta “Chiesa” in certi momenti della giornata, rappresentano un modello più verticista e tradizionale. Un locale o cortile privato tipo oratorio, aperto al pubblico a orari stabiliti, con a volte un negozio o uno spazio apposito per fare acquisti e, soprattutto, per recitare rosari e preghiere, è forse una via di mezzo.

Gli altari itineranti, le “Sante pellegrine” o statue semimobili, che vengono portate in processione o presso altari on demand, e gli officianti del culto, contrattati per cerimonie specifiche, sono altri fenomeni in crescita. I sincretismi con altre credenze e religioni sono potenzialmente infiniti, anche se prevalgono le influenze delle afro antillane santería e palo mayombe e di forme di spiritualismo orientale. Nel Triangolo d’Oro si sono consolidati anche incipienti modelli di marketing del culto: le prime riviste della Santa Muerte, le manifestazioni di protesta e i cortei con in testa le statue della Flaquita, le iniziative per realizzare pellegrinaggi di massa fuori dalla capitale e la vendita di prodotti esoterici della Muerte all’ingrosso e al dettaglio, le interviste e le visite dei media internazionali. In pochi anni l’economia e la ritualità della devozione hanno subito mutazioni, revisionismi ed espansioni da una città all’altra del Paese e nel resto del mondo secondo movimenti ed evoluzioni ancora da decifrare e studiare. La migrazione, la massificazione mediatica della Santissima Muerte e la sua miracolosa moltiplicazione sul web sono oggi i veri pilastri della sua diffusione globale, ma mi piace pensare che ogni tanto, quando è stanca, la Niña Blanca torni alle origini e si sieda tranquillamente nel baricentro di cemento e intersezioni del Triangolo d’Oro e per un secondo apra spiragli di senso nel regno del caos.

Fabrizio Lorusso, Messico invisibile. Voci e pensieri dall'ombelico della luna.

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